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Parco Miralfiore

Parco Miralfiore

Via Solferino Pesaro (Pesaro e Urbino)

Poco fuori città, lungo Via Solferino, è la Villa di Miralfiore, circondata da uno splendido giardino all'italiana

Progettata da Filippo Terzi e Bartolomeo Genga, la Villa fu costruita nella seconda metà del Cinquecento da Guidubaldo II Della Rovere. Essa è uno dei più importanti luoghi d'arte di Pesaro. L'edificio presenta una struttura asimmetrica, con il lato d'ingresso porticato. 

All’interno, di grande interesse sono le cinque sale del primo piano, i cui affreschi - ultimati nel 1573 - sono attribuiti a Federico Zuccari e ad Antenore Ridolfi. Il ciclo pittorico illustra, tra l’altro, imprese roveresche riferibili a Guidubaldo II, di cui ricorrono le iniziali sulle cornici delle porte. Le decorazioni ricorrono ampiamente ai motivi post-raffaelleschi delle grottesche. 

La Villa conserva anche importanti dipinti, tra cui una Madonna col Bambino entro vasto paesaggio di Giovanni Girolamo Savoldo, bresciano; una Maddalena di Guido Reni e i Sette Sacramenti del bolognese Giuseppe Maria Crespi, detto lo Spagnolo. 

Il grande giardino della fontana rettangolare, costituiva lo spazio nodale del complesso verde: un ruolo compositivo sottolineato dalla quota più elevata, dalla fontana centrale e dalla presenza di un ornamento del tutto unico: una grande pergola perimetrale. Il giardino era suddiviso in sei compartimenti maggiori delimitati da siepi di bosso e altre essenze. 

In corrispondenza dell’asse centrale longitudinale era collocata la fontana che era ornata di quattro figurine, “statuette di Bronzo rappresentanti Scimie in diversi atti”; dalla fontana saliva un alto getto d’acqua, mentre all’intorno era un giro di alberature sempreverdi che ombreggiavano il bacino.

L’elemento più caratteristico del giardino era una pergola quadrangolare oggi scomparsa che ne cingeva l’intero perimetro. Della pergola si trova menzione nel contratto redatto nel 1628 con il giardiniere della villa,dove si fa esplicito riferimento all’obbligo di coltivare,governare e mantenere al modo solido li pergolati del Giardino della Fonte”.

Si trattava di una passeggiata coperta da verzure sorrette da un’armatura voltata lignea all’uso classico. All’intorno si dispiegavano le altre parti della composizione verde. Verso sud-ovest precedevano il ,giardino della fontana’ due piccoli terrazzamenti murati, ancora oggi esistenti, situati a quote lievemente inferiori e configurati come un giardino segreto. Erano cinti da spalliere di agrumi (per il superiore si trova infatti la denominazione di “giardino de’melaranci) e disegnati entrambi da comparti con perimetro in piante di bosso e fiori.


La parete coronata da balaustrini, su cui appoggiava la scala a doppia rampa, costituiva la scena ideale di questa porzione inferiore del complesso verde. Rivestita di calcari spugnosi era punteggiata da varie fontane; al di sotto della scala si aprival’elemento centrale della composizione, una grotta,con giochi d’acqua e un getto che dalla volta cadeva in un bacino marmoreo. Ai lati della grotta erano due nicchie con mascheroni dalle cui bocche usciva parimenti acqua; due ulteriori nicchie per parte, anch’esse con sedili e fontane, erano poi nella parete di fondo a cui era appoggiata la scala. In asse con la grotta fu scavata una peschiera circolare che presentava al suo centro una montagnola, essa pure di “pietre sponghe” provenienti dall’Appennino. 

La copiosa presenza dell’acqua, le nicchie, i decori rustici e i boschetti concorrevano a dare al luogo l’atmosfera di un ninfeo dal forte gusto manierista. Successivamente all’epoca roveresca, la villa e i giardini passarono in proprietà della famiglia dei Medici, poi dei Lorena, vennero infine acquistati dalla Santa Sede Apostolica che la concesse in enfiteusi ai principi Albani.Nei secoli trascorsi, pur essendosi persa la parte più a valle del giardino, ed essendone mutato il contorno attraverso la costruzione di fabbricati di servizio e di una cappella, il disegno generale di impianto, che il restauro in corso sta riconfermando, è rimasto inalterato e l’insieme verde costituisce uno degli esempi più importanti di giardino storico della regione. 

Ben leggibile è ancora la porzione del giardino in cui era la fontana, segnata da sei compartimenti rettangolari disegnati da siepi di bosso, come parimenti ben delineati sono i due piccoli terrazzamenti posti a ponente di questo. Anche Giorgina Masson trovò il giardino particolarmente ben conservato e scrisse che “al contrario dell’Imperiale Nuova la Villa [Miralfiore] è stata sempre ben mantenuta ed il terreno pianeggiante circostante l’edificio è accomodato in un parterre di tre giardini molto belli che conservano ancora il loro disegno originale del tardo sedicesimo secolo”.

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Dal 1992 è di proprietà della famiglia Livi e al suo interno alcuni spazi si sono trasformati in un Museo che accoglie opere di grandi artisti quali A. Pomodoro, O. Piattella, W.Valentini, U. Mariani, B. Munari, E.Carmi ed altri.


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